Arrestata una donna che ha venduto il figlio di cinque giorni per rifarsi il naso
Il suo intento era quello di rifarsi il naso, e per pagarsi il chirurgo plastico, ha deciso di vendere il figlio di pochi giorni: è successo in Russia, dove una donna stava ricercando i possibili acquirenti di suo figlio per 3.400 euro. È stata arrestata.
Il piano della donna: la vicina di casa era complice
L’identità della donna non è stata ancora accertata: voleva vendere il figlio di cinque giorni per 3.400 euro, così avrebbe potuto pagarsi un intervento di chirurgia plastica al naso. La 33enne, proveniente da Kaspiyskiy, si è impegnata per scovare i possibili acquirenti che sarebbero stati disponibili a pagare il prezzo della rinoplastica. La vicina era complice: la protagonista, dopo essere stata fermata e arrestata dalla polizia, ha dichiarato di essere riuscita a divulgare il suo piano grazie proprio all’aiuto della sua vicina di casa. La donna ha dichiarato di dover per forza sottomettersi a questo intervento a causa d’importanti difficoltà respiratorie. Il bambino necessitava di cure mediche, e i medici che avrebbero dovuto visitarlo hanno richiesto il certificato di nascita. Non essendone in possesso, gli “acquirenti” si sono rivolti alla donna la quale, in cambio del documento, avrebbe richiesto il pagamento di 100.000 rubli, circa 1.742 euro.
Il fenomeno del traffico dei minori
La polizia ha agito tempestivamente e così ha potuto accorgersi del traffico di minori. Ha bloccato la vendita e arrestato la donna. Le forze dell’ordine hanno rilevato che la donna, dopo essere stata dimessa dall’ospedale, avrebbe contattato un concittadino per consegnargli il figlio, rinunciando così ad ogni diritto nei suoi confronti e acconsentendo la sua vendita, il tutto per un compenso di 200.000 rubli. Il fenomeno del traffico dei minori sembra aumentato e riguarda prevalentemente bambini e adolescenti. Nel 2020 sono state oltre 50 mila le persone vittime della tratta di esseri umani, di cui la maggior parte di loro minorenni. Tuttavia questi dati sono soltanto generici. Un fenomeno che riguarda diversi ambiti, anche lo sfruttamento sessuale. La pandemia ha impattato anche sulle modalità di azione dei trafficanti, che si sono adeguati al nuovo contesto, spostando lo sfruttamento dove il controllo è più blando e si possono avere maggiori margini di profitto. La chiusura delle scuole, lo stop della didattica in presenza, la solitudine e l’aumento delle ore trascorse nel cyberspazio hanno aumentato la vulnerabilità delle persone e le occasioni di pericolo. C’è anche poi la questione dello sfruttamento del lavoro: i dati evidenziano una situazione che sta nettamente peggiorando. Durante il 2020, in tutto il mondo, circa 160 milioni di minori tra i 5 e i 17 anni sono stati coinvolti in forme di sfruttamento sul lavoro. Con queste stime emerge anche il preoccupante aumento di minori sfruttati nella fascia di età tra i 5 e gli 11 anni. Tale peggioramento è strettamente correlato all’aumento della povertà, che in parte è diretta conseguenza della pandemia. Anche l’Italia sta avendo questo peggioramento, la cui si è registrata la cifra più alta da quando si stima tale dato.