Quando guarderete la foto della capitana della Sea Watch arrestata pensate alle vite che ha salvato

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Quando guarderete la foto della capitana della Sea Watch arrestata pensate alle vite che ha salvatoLa Capitana della Sea Watch, Carola Rackete, ha violato un ordine probabilmente illegittimo, infrazione per la quale pagherà una multa, e ha forzato un blocco per ragioni di necessità, accettando di pagarne le conseguenze.

Ma ha portato in salvo, a casa, 42 persone. Pensate a questo quando guarderete quella foto dell’arresto.

L’arresto della comandante della Sea Watch è l’epilogo di una vicenda che è l’emblema del tempo in cui stiamo vivendo.

Già solo uno dei capi d’accusa per Carola Rackete è esplicativo: resistenza a nave da guerra. Uno Stato, una nazione del G8, un pilastro dell’Unione europea, schiera una nave da guerra per impedire a una nave che ha salvato 53 migranti da un naufragio di attraccare in un porto sicuro.

Solo fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile, ora è addirittura un evento atteso, auspicato, indotto. Già, perché tutto porta a pensare che questo sia stato un esito cercato e voluto.

Prima abbiamo detto alla Capitana della nave di chiedere un POS a Tripoli, invitandola a riportare 53 persone in Libia, paese in guerra, da cui i migranti erano scappati dopo “indicibili sofferenze”.

le abbiamo impedito di entrare nelle nostre acque territoriali, in ossequio a una norma appena approvata, che è solo l’ultimo tassello di un processo di criminalizzazione della solidarietà cominciato anni fa.

Abbiamo ignorato il destino di 42 persone per giorni, limitandoci a evacuazioni sanitarie d’urgenza e fregandocene del loro diritto di chiedere asilo politico.

Poi abbiamo tenuto per due giorni la nave in standby,

negando l’autorizzazione all’attracco con scuse ridicole (navi turistiche in arrivo, traffico aereo e roba del genere) o con pretese anticostituzionali (scendono solo se li arrestano e sequestrano la nave).

Poi si è impedito lo sbarco nonostante l’accordo raggiunto a livello europeo, grazie alla mediazione dei pochi che hanno provato a fare il loro dovere.

Questa non è gestione politica. È incompetenza, vigliaccheria e cinismo dei diversi attori in gioco.

La verità è che qualcuno voleva la foto della capitana in manette,

ha agito per creare le condizioni perché ciò avvenisse,

prospettando una interminabile attesa al limite delle nostre acque territoriali e poi una inutile tortura a un miglio da Lampedusa.

Ha avuto la foto che voleva, da dare in pasto a un ambiente avvelenato, che ha assorbito una narrazione completamente deformata dei fatti e della posta in gioco,

manco si trattasse dell’arrivo di un carico di scorie nucleari e del capitano di un equipaggio composto da zombie mangiacervello colpevoli delle peggiori atrocità.

Fino a prova contraria, però, la Capitana ha violato un ordine probabilmente illegittimo,

infrazione per la quale pagherà una multa, e ha forzato un blocco per ragioni di necessità, accettando di pagarne le conseguenze.

Ma ha portato in salvo, a casa, 42 persone. Pensate a questo quando guarderete quella foto dell’arresto.

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